News / E' mancato Gino Dellacasa

16 Novembre 2025

Pubblichiamo l'affettuoso ricordo da parte di Linda Kaiser, nostra Socia e una tra i tanti che hanno potuto apprezzare l'umanità e le altre doti non comuni di Gino Dellacasa.
 

Apprendere che non vedrai più una persona cara è sempre un grande dolore.
L’ho provato come un tuffo al cuore quando ho letto il comunicato della nostra sindaca, Silvia Salis, che il 15 novembre 2025 scriveva: “Oggi perdo un grande amico, un grande uomo di sport e politica”.
Si riferiva a Luigi Dellacasa, Gino per chi gli voleva bene.

Ho dovuto rileggere più volte il suo nome, mentre la vista mi si appannava. Gino è stato anche per me una persona molto importante, che ha contribuito alla mia formazione umana e civile e, per questo, desidero rendergli omaggio, elaborando con affetto e condividendo il ricordo più bello che ho di lui.
Tra i fondatori dell’Associazione Italiana Cultura e Sport (AICS) nel 1962, stimato assessore comunale per i socialisti con il sindaco Fulvio Cerofolini (1975-85), Stella d’Oro al Merito Sportivo nel 2022, Gino aveva 96 anni.

Io l’avevo conosciuto in ambito alpinistico, alla Sezione Ligure del Club Alpino Italiano, di cui sono socia dal giorno della nascita e di cui lui è stato anche presidente dal 1987 al 1991 e poi dal 2003 al 2005.
Gino, allora, era amico di Gianni Calcagno e organizzava spedizioni alpinistiche extraeuropee in Sudamerica.
Nel 1989 c’era l’occasione di partecipare a quella in Colombia, che suonava come una grande avventura per me che avevo soltanto 26 anni, mi ero laureata e attendevo concorsi nell’ambito della ricerca universitaria.
Ricordo che, fresca del corso alla Scuola di Alpinismo “Bartolomeo Figari” del CAI, diedi fondo a tutto il denaro racimolato, impartendo lezioni private mentre ero studentessa, per partecipare senza esitazione a quel viaggio. Non c’era in ballo soltanto la conquista di una vetta, per altro la più alta del paese, il Cristóbal Colón (5.775 m slm) nella Sierra Nevada de Santa Marta, o la voglia di conoscere e visitare un paese oltreoceano, ma anche il confronto con l’ignoto, delle reazioni di corpo e mente a quote mai sperimentate.
Gino era il capo spedizione e io ero la donna più giovane del gruppo, che si sarebbe mosso, per la sua congenita eterogeneità, secondo dinamiche a me sconosciute e inimmaginabili. Anche la moglie Pierina, con la quale Gino condivideva la vita e la passione per la montagna, diventò per me un punto di riferimento per la sua dolcezza.
Lui era sempre lucido e preciso, veloce nel prendere decisioni davanti agli imprevisti, pronto a soccorrere chi stava male, forte come una roccia, inguaribile ottimista ed entusiasta per natura.
Osservare il comportamento di Gino diventò per me una delle esperienze di vita più importanti che ho fatto.
Ho capito come si muove un (team) leader, ho riconosciuto il carisma, ho apprezzato l’equilibrio nel condurre in armonia persone molto diverse, ho assimilato la virtù del problem solving di fronte a qualsiasi accidente capitasse. La parola chiave “no problem” divenne una sorta di programma, una linea guida, e insieme il motto della spedizione. Nella foto di gruppo scattata a Cartagena, indossavamo quasi tutti una camicia bianca acquistata ai Caraibi con le palme e quella scritta fatidica.
Ecco, Gino, in un solo mese, aveva saputo trasmettermi tanti valori: sportivi – la vetta, anche se non tutti, l’avevamo conquistata -; socio-politici – la mission di gemellaggio tra Bogotà e Genova, nonostante gli attentati in atto contro politici, funzionari e giornalisti, l’avevamo realizzata -; civili – con gli indigeni Arhuacos, nostri “portatori” fino al campo base, avevamo intrapreso rapporti amichevoli e di grande rispetto -; umani – ci si salva sempre tutti insieme, per cui nessuno era stato lasciato indietro o fatto sentire inferiore da alcun punto di vista -.

Ancora oggi sono grata a Gino Dellacasa per tutto questo, perché quell’esperienza formativa si è sedimentata nel profondo e ne ho fatto tesoro. Sono vicina ai figli Palmiro ed Erika, ottima giornalista del Lavoro, poi del Secolo XIX e corrispondente dalla Liguria del Corriere della Sera.
Gino, adesso, lo rivedo abbronzato, sorridente, mentre ci saluta con l’accento genovese, prima di salire la sua ultima vetta, la più alta.

Linda Kaiser